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Capocollo pugliese

Origine
L’intero territorio della regione Puglia, da Martina Franca a Locorotondo, da Alberobello a Noci, da Gioia del Colle ad Altamura, è cultore della tradizione di questo squisito salume dalle lontanissime origini.

Lavorazione
Per approntare il capocollo pugliese si utilizza la punta di filetto, collocata nel tratto dorsale del maiale, in prossimità della regione del collo.
I suini selezionati per il capocollo vengono allevati in boschi di fragno e si nutrono delle sue ghiande tutto l’anno, rendendo particolarmente aromatiche le proprie carni. Dopo un’accurata salagione il pezzo di carne viene posto a riposare in un apposito recipiente di terracotta in salamoia per diversi giorni durante i quali viene rigirato spesso; alla fine di questo periodo il pezzo viene lavato con vincotto di fichi o mosto, asciugato e conciato con una mistura di pepe macinato e peperoncino.
Il capocollo viene quindi avvolto in panni e insaccato nel budello, quindi legato a mano e periodicamente massaggiato.
Dopo un riposo di 10 – 20 giorni viene fatto affumicare al fumo di corteccia di quercia.

Stagionatura
Dopo una stagionatura di almeno cinque mesi in locali freschi ma umidi, il capocollo può essere ommesso sul mercato.

Caratteristiche organolettiche
Colore: rosso cupo le parti magre, color avorio quelle grasse.
Odore: ampio, aromatico, di fumo.
Sapore: di grande equilibrio, marcato, restituisce la sensazione acido-aromatica del vino.

Conservazione
Il capocollo si conserva fino a 6 mesi in luogo areato a una temperatura ottimale compresa tra i 12° e i 14°.

Degustazione e abbinamenti
Salume importante, da gustare da solo, accompagnato da buon pane pugliese. Ideale per antipasti.
Tra gli abbinamenti giustamente celebre l’accoppiata con il vino locale.
Da provare anche l’accostamento a rosati salentini.

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